Storie – Nelle Scarpe della SLA “In Her ALS Shoes”
Mi chiamo Alexandra Cavaliere
vivere con la SLA
Chesire, Connecticut (USA)
All’inizio dell’agosto 2019, all’età di 27 anni, ho iniziato a notare difficoltà a parlare e un intorpidimento della lingua. L’ho descritta come la sensazione di avere “biglie in bocca”. Gli altri attorno a me, persino il mio fidanzato di allora, Joe, mi dissero che non notavano alcuna differenza nel mio modo di parlare. Ma io ero sicura che qualcosa non andava. Nell’autunno del 2019, un neurologo mi prescrisse una risonanza magnetica. Quando risultò normale, mi disse di non preoccuparmi e mi rimandò per la mia strada. A quel punto avevo anche avvertito una strana rigidità alla gamba sinistra e ho avuto una caduta inspiegabile in casa. Ma solo a Natale un’amica infermiera, tornata a casa per le vacanze, mi disse che avrei dovuto chiedere una seconda opinione. Il 17 gennaio 2020 mi sono recata con il mio fidanzato da un altro neurologo, un appuntamento che ha cambiato la mia vita per sempre.
Il neurologo ha immediatamente collegato il mio linguaggio rallentato, il dolore alla gamba, la risonanza magnetica normale e l’assenza di altri sintomi come traumi o malattie. Mi ha fatto una diagnosi preliminare di quello che ha definito un “disturbo neuromuscolare progressivo”. Da ventottenne in buona salute, non avevo mai preso in considerazione questa frase. Cosa significava che la mia condizione era progressiva? Mi disse che sarebbero stati necessari ulteriori esami e che nel frattempo sarebbe stato meglio non preoccuparsi. Naturalmente, nelle ore e nei giorni successivi, presi dal panico, non potemmo fare altro che evitare di cercare su Google o WebMD i miei sintomi e il gergo medico che il dottore aveva usato. Il mio fidanzato cercò di allontanarmi da qualsiasi ricerca o dalle domande dei familiari sulla mia diagnosi provvisoria. Tutto ciò che potevamo fare era sperare che, qualunque cosa avessero dimostrato gli esami neurologici e del sangue, non si trattasse di SLA.
Nei mesi successivi ho vissuto in un bizzarro limbo medico. I medici non amano diagnosticare formalmente i disturbi neuromuscolari fino a mesi o addirittura anni dopo l’insorgenza dei sintomi, consentendo loro nel frattempo di escludere altre diagnosi. Il massimo che si poteva dire era che la perdita di funzionalità della lingua e della bocca e la rigidità della gamba sarebbero continuate e si sarebbero estese ad altre parti del corpo. Quanto velocemente, però, non si poteva che indovinare.
A luglio del 2020, due mesi prima del mio matrimonio, i risultati di un elettromiografia, o EMG un test che analizza la capacità dei nervi di condurre impulsi elettrici hanno fornito ai miei medici prove sufficienti per formulare una diagnosi di SLA. Dopo un anno trascorso a chiedermi cosa non andasse in me e come sarebbe stata la mia vita, finalmente avevo la mia risposta. Pur avendo lasciato l’appuntamento in lacrime, mi sentivo stranamente sollevata. La cosa contro cui stavo lottando aveva finalmente un nome.
Nella primavera del 2021, ho completato una sperimentazione di un farmaco (uno dei tanti) che i ricercatori sperano sia efficace nel rallentare i sintomi della SLA. Ora sono una paziente della BodyScience, una clinica di medicina funzionale che si occupa di malattie neurodegenerative a Miami in Florida. Ora, dopo due anni e mezzo dall’inizio dei miei sintomi, non riesco più a lavorare, ho difficoltà a camminare per lunghi tratti e mi affido ad un deambulatore dentro e fuori casa. Riesco a farmi capire quando parlo, ma parlo molto più lentamente e a volte mi manca il fiato. Parlare al telefono può essere fisicamente faticoso per me. Prima o poi dovrò cominciare ad usare una sedia a rotelle e dovrò affidarmi all’assistenza tecnologica per aiutarmi a scrivere e parlare. Per il momento, però, nuoto e faccio fisioterapia, sbrigo le commissioni e vado a trovare parenti e amici. Mi occupo dei nostri due cani e gatti.
Sebbene la mia storia sia simile a quella di molti altri, ho avuto una costante che non tutte le persone con la SLA condividono. Fin dalla mia diagnosi, ho ricevuto un sostegno completo e incondizionato da una forte rete di colleghi, familiari, e amici.
Visita il sito personale di Alexandra, cliccando qui e leggi la sua storia in inglese su I AM ALS e Her ALS Story.
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